La grotta di Poseidone

scritto da Ninfa_orobica
Scritto 15 giorni fa • Pubblicato 6 giorni fa • Revisionato 5 giorni fa
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Autore del testo Ninfa_orobica
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La protagonista si pone come un'attrice di teatro: per la prima volta in scena, improvvisa una parte. Dinnanzi all'ignoto, si ritrova sola con sé stessa, un sé come specchio che riflette paure e suggestioni dettate dall’immaginario del suo tempo.
- Nota dell'autore Ninfa_orobica

Testo: La grotta di Poseidone
di Ninfa_orobica

Mi trovo nel punto esatto dove Theodoro ha ritrovato il corpo di Lamberto: il vuoto che ora permea questo luogo è lo stesso che Lamberto, oltre ai debiti, ha lasciato prima di andarsene pugnalato a tradimento da mano ignota. 
Non mi spiego il motivo per cui si trovava proprio qui al momento del suo assassinio e non altrove.
Le circostanze sono per me un mistero da svelare: quale assurdo scherzo del fato! E' stato ritrovato ucciso nello stesso posto dove lo avevo portato la prima volta! Forse si tratta di un caso. Nient'altro che un caso. O forse, Lamberto, in un attimo di nostalgia, si era recato lì per poter prendere... certe decisioni che avrebbero cambiato per sempre le nostre vite? O forse doveva incontrare qualcuno per discutere di affari? 
Il pensiero di quel cavaliere mi attraversa sotto forma di brivido gelido.
Mi chiedo se quel terreno in quella terra lontana che conosceva la neve non sia spettato di diritto a quel vassallo che tanto gli aveva dato la caccia in lungo e in largo.
Nel periodo successivo al matrimonio, la tensione e inquietudine di Lamberto avevano preso il sopravvento sulla sua persona. Accusavo la sua instabilità alla stanchezza del suo lavoro al terreno, ma forse mi convincevo a forza della mia opinione per il bene di tutti.
Avevo trovato degli scritti di Lamberto, sul tavolo della cucina.
Tramandavano episodi che dovevano essere di una certa rilevanza: raccontavano di Lamberto inginocchiato dinnanzi al re a mani giunte. Ma non per pregare. 
Gli era conferito un titolo e dei possedimenti.
Poi gli agguati. Era la scrittura di Lamberto. Riferiva di agguati tesi da un vassallo.
Lo coglieva lungo vicoli o sagrati durante i momenti più bui della giornata. 
Ricordo il mattino in cui avevo la testa china sugli scritti, quando vedo Lamberto di fronte a me. Sorrideva in modo cinico. Non era al corrente della mia nuova capacità.

Non avevo mai rivelato a Lamberto che sapevo leggere, seppur in modo goffo ed impreciso.
Sono figlia di pescatori e non ci si aspetta che una donna della mia estrazione sociale sappia leggere o scrivere: Lamberto proveniva da una famiglia nobile che gli aveva saputo tramandare l'arte della scrittura e della lettura, arti che ho sempre trovato affascinanti e degne di essere apprese.
E così ho fatto. Grazie ad un monaco.
Prima dell'incontro con Lamberto, dedicavo molto tempo alla colorazione dei tessuti. Non ho mai amato tessere, ma con un pigmento che estraevo io stessa da alcune particolari conchiglie, amavo passare il tempo tingendo di quel color rosso-violaceo che ottenevo da alcuni molluschi, dei tessuti che rimediavo.
Dai tessuti, una volta ripigmentati e asciugati, davo un taglio sempre nuovo.
Un giorno, stavo lavorando quando nei paraggi passa un monaco che doveva essere dell'ordine benedettino. Lo vedo spesso e in più occasioni. Mostrava curiosità nei confronti del mio lavoro, così un bel giorno ha pensato di chiedermi drappi in cambio di denaro. Non ho mai lavorato con la porpora per guadagni personali, così gli ho risposto che in cambio dei miei manufatti poteva istruirmi. 
Aveva accettato.
L'indomani era tornato con quelli che mi ha presentato come codici miniati. 
Ero stupita dai colori, dai testi e delle immagini. Erano trascrizioni di testi antichissimi, narravano di divinità temibili e uomini audaci.
L'ho rivisto per diverso tempo. Leggevo ad alta voce e trascrivevo delle parti. Finché, un giorno, mentre riproducevo un carattere capitale, mi sono trovata la sua mano sul mio ginocchio prima di baciarmi.
Mi aveva rassicurata a riguardo: quel gesto era solo amore espresso in altra forma, così aveva detto... Aveva detto la verità? Chissà.
Di lui non ho più avuto notizia dopo quell'episodio. Ma per lo meno sapevo leggere. 

Ad ogni modo, il pensiero torna a Lamberto.
Ero all'oscuro dell'identità del suo assassino, ma certamente era qualcuno che conosceva bene Lamberto e le sue abitudini di rientrare tardi. In uno stato non proprio dettato da lucidità mentale. 
 
Osservo di nuovo il punto dove hanno trovato il corpo.
I primi sospiri della fresca brezza notturna mi portano il rumore delle onde che si infrange sulla battigia rocciosa poco lontano dal punto in cui mi trovo.
Oltre alla brezza, un silenzio come pochi ha il sopravvento attorno a me. 
All'orizzonte scorgo alcune luci. Osservo meglio: i punti luminosi arrivano da imbarcazioni che sembrano avvicinarsi piuttosto rapidamente alla riva. Decido di rimanere finché non saranno abbastanza vicine da poter osservare meglio. 
Attorno a me il silenzio domina la scena come un sovrano misterioso.
Poi una risata sommessa, un rumore di passi.
Mi volgo di scatto nella direzione da cui proviene il rumore.
Niente, non c'è nessuno. Forse di un eco si trattava soltanto. 
E pensare che qui hanno ritrovato Lamberto. Proprio qui.
Cauta, mi volgo piano nella direzone da cui proveniva la voce.
Illumino con una torcia un punto oscuro oltre il quale so dell'esistenza di una profonda fenditura che porta al mare. 
Di nuovo, ancora nessuna traccia.
Ma una cosa è certa: meglio andarsene. Non ho nulla con me che possa aiutarmi ad illuminare posti oscuri: non pensavo di tardare così tanto il mio rientro, pertanto, bisogna che me ne vada al più presto.
La spiaggia è molto ampia, perciò decido di imboccare una scorciatoia. 
Sulla strada del ritorno mi volto per guardarmi indietro.
Le imbarcazioni sono ora abbastanza vicine da poterne scorgere la mole smisurata: si tratta di navi straniere. Non ho idea se siano navi mercantili e da dove provengano. Ma una certezza è innegabile: si stanno avvicinando alla costa.
Al prossimo tramonto mi recherò di nuovo in questo posto e capirò che sta succedendo.


Sono tornata sul posto dove hanno trovato Lamberto.
Il sole è già calato all'orizzonte un'altra volta e con esso anche la stanchezza della giornata. Il peso lasciato dalle ultime faccende ha lasciato il posto ad un entusiasmo che di rado ho conosciuto. 
Ho portato con me Astolfo; l'ho cavalcato fin qui. Astolfo, destriero che apparteneva a Lamberto, è un esemplare dal manto bianco che ha visto molte terre e ha visto sussegursi diversi cavalieri, tutti succubi di intrighi politici. E in questo Lamberto, a quanto pare, non faceva eccezione.
Il pensiero dell'uccisione di Lamberto e la possibilità che il suo assassino si nascondi ancora nei paraggi di questo posto mi da un brivido. 
Scorgo di nuovo da lontano le stesse navi dell'ultimo tramonto. Si trovano nello stesso punto in cui navigavano quando le avevo avvistate la prima volta. Sembrano ferme: forse stanno aspettando il momento giusto per approdare. Che siano le navi della gente che tutti temono?
Niente di più probabile.
Il vento soffia sempre più forte.
Di nuovo quei passi. Ora scorgo un bagliore provenire dall'anfratto che porta al mare. Una risata. L'ombra di un uomo si staglia alta e scura lungo la roccia per un momento, prima di dissolversi nella velocità con cui si era manifestata. 
Astolfo impenna e scappa, io mi blocco.
I passi risuonano sempre più vicini; l'ombra riappare e scompare come in un gioco di luci. 

Guardo verso l'alto in un punto sopra una roccia poco distante da me; individuo un punto rialzato della falesia dove un foro, quasi perfettamente circolare, penso offra riparo dal vento che ora diventa via via sempre più forte. 
Le navi son sempre più vicine alla riva. Inizio a destreggiarmi arrampicandomi tra gli scogli. Individuo fessure grandi a sufficienza per le mie mani. Faccio leva portando il peso del mio corpo sulle braccia aiutandomi muovendo piccoli passi verso l'alto. Mi sorprende la velocità con cui guadagno altezza: mi avvicino sempre più al punto che avevo individuato. 
Una roccia si sgretola al mio passo e scivolo, ma rimango aggrappata agli appigli naturali della parete. Rimango immobile per alcuni secondi.
Ascolto il cuore palpitare.
Mi sporgo per guardare in basso. Mi rendo presto conto della pessima idea che mi è balenata per la mente e mi volgo di nuovo verso la roccia di fronte al mio viso. Respiro a fondo e riprendo la salita. La mia fortuna è stata quella di trovare una parete piuttosto ruvida e attraversata da solchi naturali. E' come salire lungo una scala naturale scavata nella roccia. 
Le folate di vento che sibilano tra le rocce muovono in me un senso di inquietudine che presto prende il sopravvento sulla mia persona.
Cerco di calmarmi respirando a fondo.
Con un ultimo slancio raggiungo uno sperone di roccia. 
Mi rannicchio e lì rimando per diverso tempo, al riparo dal vento.

Astolfo è scappato. Non ho idea di quanto tempo sia trascorso da quando sono accoccolata qui. Meglio attendere l'alba.
Non mi è rimasta altra scelta se non quella di aspettare le prime luci. Fortunatamente, il vento è caldo.   
Ora aspetto.

La grotta di Poseidone testo di Ninfa_orobica
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